Il TOR: un magnifico e intenso viaggio fra persone, montagne ed emozioni. Il TOR ti cambia il concetto di spazio tempo: una giornata non è più scandita dall’alternanza del giorno con la notte, ma dall’ingresso e uscita di una base vita. Durante il TOR ho dormito poco: 10 ore in 6 giorni divisi fra micro sonni di 20/30 min fino a dormite di quasi 2 ore.
Ed è così che possono esserci due giornate TOR in 24 ore dove i ricordi perdono una precisa collocazione nel tempo, pensi a un certo Colle attraversato “ieri” quando nella realtà ci sei stato solo poche ore prima. Le giornate passano densissime di accadimenti: salite, colli, discese, ristori, micro sonni, conoscenza di atleti, crisi, paesaggi. Si vive accellerati, un’ora TOR sono almeno 7 ore di vita normale.
Il TOR è il dio delle montagne. Ti prende e ti scaraventa a terra, ti spoglia a nudo e ti devasta, annienta, distrugge fra pazzesche salite verticali, alternate ad altrettante discese verticali e interminabili sentieri sassosi. Ti sposta continuamente verso l’alto l’asticella della fatica e del dolore. Pensi di aver fatto la salita più dura o la discesa più lunga, ma ecco che nella tappa successiva c’è ancora qualcosa di più estremo. Il TOR ti riporta allo stato brado: i tuoi unici pensieri sono mangiare, camminare e prenderti cura del tuo corpo, specialmente i poveri piedi.
Ma è attraverso questo percorso di fatica che ti regala emozioni intensissime. Durante il TOR ne ho avute tantissime, ma due mi hanno segnato. Il quinto giorno uscendo dalla base vita di Valtournenche, in piena notte, durante la salita alla Rifugio Cuney incontro l’alba nella conca che porta alla Fenetre du Tsan. Mentre cammino davanti a me le cime, disposte ad anfiteatro, si dipingono prima di rosso intenso e poi di rosa. Mi volto indietro e il cielo era blu cobalto con le nuvole rosse. Un’energia fortissima mi ha attraversato, prima mi ha fatto piangere, poi mi ha fatto sparire ogni sintomo di stanchezza e poi ma spinto avanti facendomi superare diversi atleti che avevo davanti sul percorso. Un’emozione intensissima percui mi vengono ancora i brividi al solo pensiero.
L’altro momento magico è stata la salita al Malatrà. Arrivo con il mio socio Roberto al Rifugio Frassati e siamo soli, fuori c’è una spruzzata di neve che rende l’ambiante ancora più magico. Partiamo per la vetta e nella conca del Malatrà sparisce all’improvviso il vento gelido che ci ha accompagnato nelle precedenti notti: eravamo solo noi due nel silenzio assoluto, camminando su un sentiero innevato fra le cime frastagliate del Col Malatrà illuminate dal sole. Una bellezza perfetta che mi ha fatto ancora piangere. Momenti di gioia pura, estasi in un equilibrio perfetto. Questo è il TOR: giorni di fatica che regalano emozioni uniche ed indimenticabili.
Chi ama la montagna dovrebbe poter partecipare al TOR almeno una volta nella vita come diritto universale.
Ci metterò ancora qualche giorno a riordinare tutte le emozioni vissute in questi sei giorni talmente intensi da sembrare trenta.
Per ora voglio ringraziare tantissimo tutti i volontari del TOR. Sono veramente loro il TOR, con tantissima passione e calore accolgono gli atleti nelle basi vita e nei rifugi dispensando calore, supporto, consigli. La magia del TOR è l’unione della loro passione con la bellezza e maestosità di queste montagne.
Trovare ristori e bivacchi in mezzo a gelide vallate nella notte riempie il cuore.
Grazie per avermi fatto vivere così intensamente questo viaggio.
Grazie al mio socio Roberto con cui ho condiviso disperazione e gioia e GRAZIE a Veronica, Ivan, Andrea, Giorgio Amo’kì, Gianni Kratos, Davide per la preziosissima assistenza.
Grazie alla mia famiglia per avermi lasciato una settimana di vita nella bolla TOR. Grazie a tutta l’organizzazione e lo staff del TOR.